Di Lorenza Girotti
In un tempo molto lontano , in una regione verde e collinare affacciata sul Mediterraneo viveva una regina amazzone di nome Antiope.
Antiope si occupava della Pace e della politica del suo popolo. Questo le permetteva di viaggiare molto,in sella al suo fidatissimo cavallo Pangu. La regina trattava Pangu con grande amore , come fosse una parte di sé. Insieme a lui correva in mezzo alla natura rigogliosa della sua terra. Di tanto in tanto si fermava per respirarne la forza e la potenza. Le piaceva raccogliere con le mani la terra appena arata e respirarne l’odore. La terra rispecchiava la sua solidità. Si commuoveva a vedere le spighe di grano piegate dal vento. Vi riconosceva la sua fragilità e la sua tenacia. Nei momenti di difficoltà , quando il suo popolo entrava in guerra, amava rifugiarsi in cima ad una collina, togliersi i paramenti da amazzone, aprire le braccia al vento, volgere le mani verso il cielo e unirsi all’infinita libertà del cielo.
Nel suo regno era molto rispettata. Era considerata saggia,leale e sapeva ascoltare.
Sul campo di battaglia era temuta dagli avversari per la sua volontà e passione.
Nonostante tutti questi doni, Antiope non era felice. Le mancava qualcosa che non sapeva riconoscere e a cui non sapeva dare un nome.
Un giorno all’insaputa di tutti, in sella a Pangu, Antiope partì per un lungo viaggio. Si portò dietro un ciondolo a forma di spirale e una sacchetta di cuoio che appese al collo del cavallo.
Si diresse verso una popolazione distante parecchi giorni di viaggio dalla sua terra.
Si stabilì in una città che sembrava ben organizzata. Ne studiò gli usi , i costumi, gli abitanti. Rimase incuriosita da come uomini e donne avessero ruoli e funzioni diverse nella società. Non era spaventata da questa diversità, al contrario ne era attratta. Conobbe tante persone …. ma nessuno pareva in grado di darle la risposta che cercava.
Avvilita , decise di tornare nel suo regno nel quale almeno si sentiva sicura e protetta.
Sulla via del ritorno Pangu fermò la sua corsa davanti ad un bosco fitto, scuro e decisamente inquietante. Invitò la sua amata padrona a scendere e, lasciandola stupefatta, se ne andò veloce con al collo la sua immancabile sacca di cuoio.
Antiope si sentì sola,spaventata e le sembrò di aver perso tutto . Non aveva alternativa che incamminarsi nell’oscurità del bosco.
La natura lì era veramente ostile. Antiope conobbe la sua rabbia, la sua desolazione. Si nutrì di fango e bevve dalle proprie lacrime.
Fino a che un giorno scoprì in mezzo a quella selva uno squarcio del cielo che tante volte insieme a Pangu aveva rincorso. In quelle occasioni non potendo volare, spronava il cavallo ai limiti dell’impossibile. Riconobbe il cielo e risentì le sue emozioni. E allora le si riaccese la speranza. Capì che non era la natura ad esserle ostile, ma era lei che la percepiva così.
Quella notte un uomo dalle sembianze molto particolari le si avvicinò. Le parlò, le fece delle domande e lei si fidò. Antiope capì che doveva seguire il suo istinto affidandosi alle parole di quell’uomo. Camminava da sola , ma sapeva che lui era da qualche parte vicino a lei. Come un felino attraversò il bosco, che pareva interminabile. Si fidò di tutti i segni che la natura le lasciava. Il suo olfatto diventò infallibile. La sua mente da sempre viva coglieva ogni minimo dettaglio.
Una mattina sentì il suo cuore più leggero, uno strano senso di benessere si liberò dentro di lei. Quel giorno corse senza sosta, un’incredibile energia era entrata dentro di lei. Sentì forte il rumore dell’acqua. Era forte, era vero, era liberatorio.
Il bosco era finito, la notte era finita. Il sole era là , oltre le foglie, più forte e più caldo che mai.
Il ruscello che aveva sentito si gettava in un piccolo laghetto, che a sua volta era circondato da un prato in cui aleggiava il profumo del glicine.
Gli occhi di Antiope dovettero abituarsi gradualmente alla luce, da troppo abituati al buio. Pian piano riuscirono a distinguere un cavallo. Aveva al collo una sacchetta di cuoio che non aveva mai abbandonato. Pangu le si avvicinò. Strofinò con dolcezza il suo muso nelle mani. L’aveva aspettata lì dall’inizio, ma sapeva che quello era il viaggio della sua padrona e non poteva far altro che aspettarla.
Antiope esausta crollò a terra.
Dopo qualche ora Antiope fu svegliata da un suono lontano che si faceva sempre più nitido . Era la voce di uomo che la chiamava. Alexandro era un guerriero forte e sicuro. Appena si accorse che Antiope si era svegliata scese dal suo cavallo , si chinò verso di lei , le sorrise e le disse tranquillo “ sarai affamata”.
Fu in quel momento che Antiope capì. Andò verso Pangu, gli sfilò la sacchetta di cuoio e la aprì. Antiope non ne conosceva il contenuto. Gliel’aveva donata un’anziana sacerdotessa tanti anni prima. L’anziana donna nel farle il dono le aveva detto” aprila solo quando sentirai che sarà il momento giusto”. E così la regina fece. Dentro c’era un bellissimo abito da vestale. Una volta indossato l’abito, la conchiglia che portava con sé iniziò a percorrere intensamente la propria spirale.
Antiope avvertì dentro di sé una sensazione unica, indescrivibile.
Tutto quello che stava vivendo ora era il frutto di tutto ciò che aveva fatto prima.
Guardando Alexandro si accorse che per la prima volta nella sua vita ascoltava con il cuore.
Mentre si incamminava verso la sua nuova vita, si girò verso il bosco e riconobbe da lontano l’uomo che l’aveva accompagnata durante il suo lungo viaggio nella notte. Con un inchino si congedò da Antiope e si diresse ad accogliere quanti sentivano il bisogno del suo aiuto.
Antiope ed Alexandro cavalcano ancora insieme e c’è chi giura di vedere Antiope vestita talvolta da amazzone. Perché la propria vita può cambiare, ma certe cose rimangono vive dentro di noi per sempre.